lunedì 11 maggio 2009
PRO VERCELLI
Archivio storico
La leggenda La squadra piemontese anticipatrice di teorie e tecniche che all' inizio del Novecento l' hanno resa grande
Arriva l' atleta, cent' anni di calcio moderno
La rivoluzione della Pro Vercelli, la prima a curare e a preparare il fisico Arriva la Juve La festa della Pro Vercelli finisce quando Edoardo Agnelli acquista la Juve e le strappa Rosetta Paragone con Sacchi Per spirito, metodo di lavoro e gioco, le «bianche casacche» sembravano una squadra di Sacchi
Compie più o meno cent' anni adesso una straordinaria storia di calcio, quella della Pro Vercelli che nel 1909 vinse il primo campionato a nove squadre. S' impara all' ingrosso fin da bambini, ma si prende sempre come una stranezza. C' era una volta la squadra di una piccola città che arrivò a vincere fino a sette scudetti e a dare fino a nove giocatori alla nazionale. Una specie di fiaba. Ma la Pro Vercelli è stata molto di più. Ha costruito, anticipato e qualche volta subito tutti i grandi principi del calcio moderno, dall' importanza della preparazione fisica all' inghippo politico; dal gioco all' italiana al mercato. L' avventura comincia nel 1903 quando Marcello Bertinetti, fondatore della Società Ginnastica Pro Vercelli, decide di aprire una sezione anche per il calcio. Il nuovo sport, partito da Genova e dal Friuli, si è ormai allargato in tutta l' Italia del Nord anche se non è ancora popolarissimo. La prima volta che un giornale ne scrive seriamente è quando a Milano ladri sconosciuti rubano i fili che tengono insieme la porta. Il pubblico è poco, ma aumenta ogni anno a ritmi forti. Le prime squadre (Juventus, Genoa, Milan, Andrea Doria) sono piene di stranieri. La Pro Vercelli schiera solo ragazzi nati e residenti a Vercelli. Sono tutti di buone famiglie borghesi, tranne Innocenti, il portiere, che fa il ciabattino. Lo spirito della città cementa la squadra, ma la differenza arriva dalla ginnastica. Nessuno alla Pro Vercelli nasce calciatore. Tutti sono prima di tutto atleti. Hanno un fisico oltre la media, fanno altri sport, si allenano regolarmente, con metodo e anche con fatica. All' inizio del secolo il calcio è ancora un gioco per artisti, si pensa che per gestire un attrezzo servano agilità e grazia, ritmo, non forza. I ragazzi di Vercelli inventano la preparazione fisica, portano nel calcio rigore morale e senso di squadra. Hanno un giuramento comune in cui assicurano «fedeltà, disciplina e obbedienza assoluta» al loro capo. Per almeno dieci anni non li fermerà nessuno. Picchiano e corrono, aggrediscono, fanno vero pressing a tutto campo. Giocano meglio quando si difendono, poi partono in contropiede. Gli avversari dicono che sono macellai, ma scompaiono dal campo negli ultimi venti minuti. Quando la fatica arriva, restano solo «le bianche casacche» dei vercellesi. Per spirito, metodo di lavoro e gioco sembrano una squadra di Arrigo Sacchi. Le grandi città naturalmente non gradiscono. La Federazione si è appena spostata a Milano. Così nel 1910, quando c' è da giocare lo spareggio tra Pro Vercelli e Inter alla fine di aprile, la Federazione rifiuta la richiesta di rinvio dei piemontesi. Hanno tre giocatori impegnati con la nazionale militare, sembra normale rinviare. Ma l' Inter rifiuta e la Federazione le dà ragione. Bozino, leggendario presidente vercellese, si arrabbia, grida all' ingiustizia e schiera la quarta squadra, quella dei ragazzi tra gli undici e i quattordici anni. Finisce 10-3 per l' Inter e con tutta la Pro Vercelli squalificata e multata. Che la Pro Vercelli fosse la squadra più forte lo confermarono i tre scudetti conquistati nelle tre stagioni successive. La leggenda della Pro Vercelli spiega anche l' altra anomalia nel libro d' oro dei campionati, quella dello scudetto al Casale nel 1914. Tra Casale e Vercelli c' è un pugno di chilometri, l' antagonismo è fortissimo. I casalesi vogliono la loro parte di gloria e l' ottengono proprio alla vigilia della guerra. Fanno l' opposto dei vercellesi (maglia nera invece che bianca, stranieri invece che residenti) tranne che sul campo dove picchiano e corrono come i rivali. I due capitani, Milano primo e Barbesino, non si saluteranno mai, nemmeno quando si ritrovano al fronte nella stessa compagnia. La storia cambia quando nel 1923 il figlio di Giovanni Agnelli, Edoardo, acquista la Juventus. Le grandi città sono stanche di questa euforia fisica che le tiene ai margini. Agnelli strappa Rosetta alla Pro Vercelli con un ingaggio di 45 mila lire e uno stipendio di mille (premi compresi). Il Milan si prende invece Gay facendo finta di impiegarlo alla Richard Ginori. È un colpo duro, l' inizio della fine del calcio di provincia. Il professionismo spazza via qualunque regola precedente. Comincia l' epoca del grande calcio metropolitano. Nonostante l' arrivo di Piola, la Pro Vercelli comincia il suo viaggio a ritroso. Il Casale è già scomparso. La Pro Vercelli con i gol di Piola farà in tempo a partecipare ai primi campionati a girone unico alla fine degli anni venti. Ma è l' annuncio di una legge definitiva. Al resto della grande provincia italiana non resteranno che poche stagioni di gloria negli ottant' anni successivi. La storia Sette scudetti, poi il declino Le origini La Società Ginnastica Pro Vercelli nacque nel 1982. Nel 1903 venne istituita anche una sezione per il calcio. Il colore della maglia: bianca Le vittorie Ha vinto sette scudetti. Il primo nel 1908 al debutto nella massima divisione. L' ultimo è datato 1922 La retrocessione Nel 1934-35 la Pro Vercelli retrocede in serie B. Da allora non è mai più riuscita a risalire nella massima serie Il presente È stata rifondata nel 1990 e attualmente gioca in Seconda Divisione (girone A) I protagonisti Pezzi di storia
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